Negli ultimi anni, la scienza ha sottolineato con sempre maggiore evidenza l'importanza della forza muscolare per il benessere generale e la prevenzione degli infortuni. Spesso si associa la forza solo a un aspetto estetico o alla performance atletica, ma in realtà una buona base muscolare è fondamentale anche per chi non pratica sport. La forza muscolare è infatti strettamente legata alla postura, alla protezione delle articolazioni e alla capacità di compiere movimenti quotidiani in modo sicuro ed efficiente.
Diversi studi scientifici hanno dimostrato che livelli più elevati di forza muscolare sono correlati a una maggiore longevità e a un minore rischio di infortuni, indipendentemente dall'età. Ad esempio, una ricerca condotta su adulti di età diversa ha evidenziato che una forza maggiore è associata a un rischio ridotto di cadute e incidenti domestici, spesso causata da muscoli non sufficientemente allenati a supportare il corpo in modo stabile. La debolezza muscolare può quindi rappresentare un ostacolo non solo per gli sportivi, ma anche per chi desidera vivere con più sicurezza e autonomia.
Inoltre, il rafforzamento muscolare rallenta il naturale processo di invecchiamento dei tessuti, contrastando la sarcopenia (la perdita di massa muscolare legata all'età) e promuovendo uno stile di vita più attivo e indipendente anche negli anni più avanzati. In altre parole, mantenere una buona forza muscolare non solo previene gli infortuni, ma contribuisce a una maggiore qualità della vita nel lungo termine.
La debolezza muscolare può dipendere da diversi fattori, spesso interconnessi tra loro. Uno dei principali è sicuramente la sedentarietà, una condizione sempre più comune nelle società moderne dove molte attività si svolgono da sedute e il movimento quotidiano è ridotto al minimo. Secondo alcune ricerche, periodi prolungati di inattività possono portare all'atrofia muscolare, ovvero una riduzione della massa e della forza dei muscoli, che si manifesta anche in giovani adulti se non stimolano la muscolatura in modo regolare.
Un altro elemento cruciale è lo stress, che ha un impatto sia diretto che indiretto sulla forza muscolare. Da un lato, lo stress cronico porta all'aumento dei livelli di cortisolo, un ormone che può favorire la perdita di massa muscolare. Dall'altro lato, chi vive sotto stress tende a trascurare l'attività fisica e a fare scelte alimentari meno bilanciate: entrambe le condizioni contribuiscono alla perdita di forza.
Anche la qualità dell'alimentazione gioca un ruolo fondamentale. Una dieta carente di proteine, vitamine e minerali, per esempio, può compromettere la capacità dei muscoli di rigenerarsi e crescere. I muscoli, infatti, richiedono un apporto regolare di proteine di qualità, che forniscono gli aminoacidi necessari alla riparazione delle fibre muscolari dopo l'attività fisica. Senza un nutrimento adeguato, il corpo fatica a costruire e mantenere la massa muscolare, esponendosi a una maggiore debolezza.
Infine, anche fattori come l'età e le variazioni ormonali possono incidere sulla forza muscolare. Con il passare degli anni, il nostro organismo tende naturalmente a perdere massa muscolare in un processo noto come sarcopenia. Questo fenomeno può essere accelerato da una carenza di ormoni anabolici, come il testosterone e l'ormone della crescita (GH), che svolgono un ruolo chiave nel mantenere la forza e il volume muscolare.
La forza muscolare non è solo una questione di prestazione, ma un elemento chiave per mantenere una postura corretta e garantire una mobilità sicura. La debolezza muscolare, infatti, influenza il nostro equilibrio e la capacità di stabilizzare le articolazioni, portando a squilibri posturali e, di conseguenza, un rischio più elevato di dolore.
Studi di biomeccanica dimostrano che i muscoli stabilizzatori della colonna vertebrale, come il trasverso dell'addome e i muscoli lombari, sono fondamentali per il sostegno della schiena e per mantenere una postura eretta. Una debolezza in questi muscoli comporta uno sforzo eccessivo per le vertebre e per i dischi intervertebrali, con il risultato di aumentare il rischio di lombalgia, rigidità e dolori alla parte bassa della schiena. Un addome e una muscolatura del core poco allenati possono anche portare a compensazioni posturali in altre aree del corpo, come le spalle e il collo, causando un sovraccarico in queste zone e aumentando il rischio di tensione e dolori muscolari.
Non solo la schiena soffre di una muscolatura debole, ma anche le articolazioni delle gambe. I muscoli delle gambe, specialmente quelli delle cosce e dei glutei, svolgono un ruolo importante nel mantenere l'allineamento del bacino e delle ginocchia durante il movimento. Quando questi muscoli sono deboli, è più probabile che si verifichino disallineamenti che compromettono la camminata e l'equilibrio generale, aumentando il rischio di distorsioni, tendiniti e dolori articolari alle ginocchia, caviglie e alle anche.
Infine, una muscolatura debole ha effetti negativi anche sulla mobilità articolare. I muscoli rigidi e poco allenati limitano l'ampiezza di movimento delle articolazioni, portando ad una perdita di flessibilità che, a lungo termine, incide sulla capacità di svolgere le attività quotidiane in modo fluido ed efficiente.
La debolezza muscolare rappresenta uno dei principali fattori di rischio per diversi tipi di infortuni, che colpiscono sia le persone che svolgono attività quotidiane comuni, sia gli sportivi di ogni livello.
Quando la muscolatura non è sufficientemente allenata, le articolazioni e i tendini si trovano a dover sostenere sforzi e movimenti a cui non sono preparati, con un conseguente aumento del rischio di lesioni. Ecco una panoramica degli infortuni più ricorrenti a causa della debolezza muscolare:
Le distorsioni, in particolare a carico delle caviglie e delle ginocchia, sono tra gli infortuni più frequenti sia per chi pratica sport sia per chi svolge attività quotidiane. La mancanza di forza nei muscoli stabilizzatori situati sopra la caviglia, come i peronei e il tibiale anteriore, rende queste zone più soggette a movimenti non controllati. Ad esempio, una persona con una debolezza in questi muscoli può facilmente subire una distorsione camminando su un terreno irregolare o scivolando accidentalmente. Negli sportivi, una muscolatura non allenata può portare a distorsioni durante i movimenti rapidi, come cambi di direzione o salti “esplosivi”.
Gli stiramenti avvengono quando le fibre muscolari vengono sottoposte a un carico eccessivo o a un movimento improvviso che supera la loro capacità di resistenza. Colpiscono frequentemente i muscoli delle gambe, come i quadricipiti e i muscoli posteriori della coscia, ma possono interessare anche altre aree del corpo. Negli sportivi gli stiramenti sono frequenti durante attività ad alta intensità o esercizi che richiedono scatti improvvisi, mentre nelle persone comuni possono verificarsi durante movimenti quotidiani come sollevare pesi in modo scorretto o compiere un movimento improvviso e ampio oltre la normale estensione articolare.
La debolezza muscolare può portare a un sovraccarico dei tendini, strutture fibrose che collegano i muscoli alle ossa e che, in assenza di un adeguato supporto muscolare, finiscono per assorbire una parte eccessiva dello sforzo. Questo sovraccarico può provocare tendiniti, infiammazioni dolorose dei tendini, che si manifestano spesso nelle ginocchia (come la tendinite rotulea), nelle spalle (tendinite del sovra-spinato) e nei gomiti (gomito del tennista o del golfista). Negli sportivi, le tendiniti sono frequenti a causa dell'elevato numero di movimenti ripetitivi, mentre nelle persone comuni possono insorgere in seguito a sforzi occasionali o posture scorrette mantenute per lungo tempo.
Per chi pratica sport ad alto impatto o attività che coinvolgono cambi di direzione e movimenti rapidi, la debolezza muscolare, in particolare nei muscoli intorno al ginocchio, aumenta il rischio di lesioni del legamento crociato anteriore (LCA). La stabilità del ginocchio dipende molto dalla forza dei muscoli delle gambe e del core: una mancanza di forza in queste aree rende l'articolazione del ginocchio meno stabile, esponendola a movimenti innaturali che possono sovraccaricare i muscoli, aumentando così il rischio di lesioni.
Le fratture da stress sono piccole crepe nelle ossa causate da microtraumi ripetuti o da carichi eccessivi. Sebbene queste lesioni siano più comuni tra gli sportivi che sottopongono il corpo a sforzi intensi, possono verificarsi anche in persone meno attive che improvvisamente aumentano l'attività fisica senza una base muscolare adeguata. I muscoli, infatti, non sono in grado di assorbire efficacemente gli impatti e di conseguenza lo stress viene trasferito direttamente alle articolazioni e incrementa il rischio di lesioni.
Questo infortunio è molto comune tra i corridori e in chi pratica attività che coinvolgono ripetutamente l'articolazione del ginocchio. Una debolezza nei muscoli del core e dei glutei può portare a un sovraccarico sulla bandelletta ileo-tibiale, un tessuto che corre lungo la parte esterna della coscia.
Quando non riceve un supporto muscolare adeguato, la bandelletta subisce frizioni contro il ginocchio, causando infiammazione e dolore lungo il lato esterno della coscia e del ginocchio stesso, che può peggiorare durante l'attività come la corsa o persino durante una semplice camminata veloce.
La debolezza muscolare può anche aumentare il rischio di borsiti, ovvero infiammazioni delle borse sinoviali, piccole sacche piene di liquido che riducono l'attrito tra tendini e ossa. Le borsiti si manifestano spesso nelle spalle, nei fianchi e nelle ginocchia, aree soggette a movimenti ripetitivi o posizioni scorrette. La mancanza di stabilità muscolare può portare a pressioni anomale su queste sacche, causando infiammazione e dolore persistente nelle aree colpite, come le spalle, le ginocchia e le anche.
Contrastare la debolezza muscolare è fondamentale per mantenere la salute fisica, ridurre il rischio di lesioni e migliorare la qualità della vita, sia per gli sportivi sia per chi desidera riprendere o iniziare a muoversi. Implementare alcune strategie mirate aiuta a sviluppare una muscolatura forte e resistente, fornendo al corpo un supporto stabile per affrontare le attività quotidiane e sportive in sicurezza.
Eccone alcuni esempi:
Un programma di allenamento completo, che coinvolge tutti i principali gruppi muscolari, è essenziale per migliorare stabilità, postura, forza e coordinazione. In particolare, l'allenamento “total body” aiuta a costruire una base muscolare equilibrata e funzionale, riducendo il rischio di infortuni. Questo tipo di approccio prevede una combinazione di movimenti che attivano i muscoli in modo globale, permettendo al corpo di lavorare in maniera sinergica e coordinata, migliorando così l'efficienza e la stabilità.
Utilizzare sia esercizi a corpo libero sia contro resistenze, come pesi o bande elastiche, consente di stimolare i muscoli in modi diversi. L'allenamento a corpo libero è ottimo per migliorare la mobilità e la stabilità, mentre le resistenze aggiuntive consentono di incrementare la forza in modo progressivo, adattando l'intensità degli esercizi alle proprie capacità. In questo modo, i muscoli non solo si rafforzano, ma acquisiscono una resistenza funzionale, utile anche nelle attività quotidiane.
Il core, che include addome, zona lombare e glutei, è un'area chiave per la stabilità di tutto il corpo. Un programma di allenamento completo deve prestare particolare attenzione a questi muscoli, che sono alla base della postura corretta e del controllo motorio, riducendo il rischio di cadute e movimenti non controllati. Un corpo forte e stabile permette di affrontare in sicurezza allenamenti specifici ma anche le attività quotidiane più comuni, migliorando la qualità della vita e il benessere della persona.
Per evitare sovraccarichi muscolari e lesioni, è essenziale aumentare progressivamente il livello di intensità degli esercizi. Questo principio di progressione graduale è particolarmente importante per chi riprende l'attività fisica dopo una pausa o per chi è alle prime armi. Iniziare con carichi leggeri e aumentare gradualmente il peso o la resistenza permette ai muscoli, ai tendini e alle articolazioni di adattarsi progressivamente, senza stressare eccessivamente il sistema muscolare.
La mobilità e lo stretching dinamico dovrebbero essere parti integranti di ogni allenamento, in quanto aiutano a preparare i muscoli e le articolazioni al movimento, migliorando l'ampiezza e la qualità dei movimenti. Prima dell'allenamento, gli esercizi di mobilità e stretching dinamico preparano i tessuti a muoversi in modo ampio e fluido, riducendo il rischio di strappi o stiramenti. Dopo l'allenamento, lo stretching statico aiuta a rilasciare tensioni muscolari, favorendo il recupero e mantenendo una buona flessibilità.
Una dieta equilibrata e ricca di nutrienti supporta la crescita muscolare e la rigenerazione dei tessuti. Le proteine sono essenziali per la sintesi muscolare, mentre vitamine e minerali come calcio,
magnesio e vitamina D contribuiscono alla salute delle ossa e delle articolazioni. Anche l'idratazione è fondamentale per una lubrificazione ottimale delle articolazioni e per mantenere l'elasticità dei tessuti, riducendo il rischio di rigidità e lesioni.
Il recupero è importante quanto l'allenamento stesso. Un sonno di qualità permette al corpo di rigenerarsi e promuove la riparazione dei tessuti muscolari. Durante il sonno profondo, l'organismo rilascia ormoni come l'ormone della crescita, essenziali per la rigenerazione dell'organismo e il rafforzamento muscolare. Dormire almeno 7-8 ore per notte aiuta a migliorare i riflessi, la coordinazione e la capacità di concentrazione, riducendo al contempo il rischio di lesioni. Inoltre, alternare giorni di allenamento con giorni di recupero attivo (come camminate leggere o stretching) consente ai muscoli di recuperare in modo efficace, prevenendo il sovraccarico e la fatica cronica.
La prevenzione e il rafforzamento muscolare richiedono non solo un programma ben strutturato, ma anche costanza e una mentalità orientata alla salute a lungo termine. Essere coerenti con l'allenamento e le abitudini di recupero è fondamentale per ottenere risultati duraturi: la forza muscolare, infatti, si sviluppa e si mantiene solo con un impegno regolare, evitando lunghi periodi di inattività che possono annullare i progressi raggiunti.
Un elemento essenziale per sostenere questo percorso è la mentalità, poiché adottare un approccio positivo e realistico permette di superare le sfide quotidiane e di non scoraggiarsi di fronte a difficoltà o rallentamenti. Avere obiettivi chiari e monitorare i progressi, ad esempio, aiuta a mantenere la motivazione e a rendere più gratificante ogni piccolo traguardo.
Infine, un approccio preventivo è essenziale per mantenere la salute muscolare e articolare nel tempo. Programmare periodicamente valutazioni fisiche e test di mobilità e forza consente di individuare e correggere eventuali squilibri o debolezze prima che si trasformino in una serie di problematiche. La prevenzione passa anche attraverso l'ascolto del proprio corpo, evitando di ignorare i segnali di affaticamento o dolore, dando priorità alla qualità dei movimenti per poi concentrarsi sulla quantità di sforzo da produrre negli allenamenti.
Con questi elementi – mentalità positiva, prevenzione e costanza – è possibile costruire un percorso di rafforzamento muscolare efficace e sicuro, migliorando la resistenza agli infortuni e supportando uno stile di vita attivo e sano.
Luca La Capria, personal trainer
La malattia da reflusso gastroesofageo si verifica quando a causa dell’aumento della pressione intraddominale si modifica il tono dello sfintere esofageo inferiore con risalita del materiale gastrico e i succhi gastrici vengono in contatto con la parete dell’esofago e talvolta alle prime vie aeree in maniera indiretta. Il passaggio di acido dallo stomaco all’esofago avviene fisiologicamente durante la giornata, soprattutto dopo mangiato. Tuttavia, se questi eventi superano una determinata soglia, in termini di frequenza e durata, si verifica una vera e propria malattia. È una condizione che colpisce circa il 10- 20% della popolazione in Europa e nel 30-35% dei casi la malattia da reflusso gastroesofageo si complica con erosioni a livello dell’esofago ovvero quadro di esofagite, ulcere o restringimenti (3-5%), mentre nella maggior parte dei casi non determina lesioni.
l primi fattori di rischio sono il sovrappeso e l’obesità viscerale, ovvero l’aumento della circonferenza addominale all’altezza dello stomaco; altra comorbilità diretta sono i problemi cronici intestinali compresa la famosa sindrome da colon irritabile spesso correlabile e altalenante rispetto al problema gastrico. Altri fattori che possono causare il reflusso possono essere farmaci, ormoni, o la gravidanza per “schiacciamento” degli organi.
Farei qui differenza tra reflusso gastroesofageo e laringofaringeo: il primo si manifesta con bruciore allo stomaco, nausea, dolore retrosternale e rigurgito acido, il secondo può bypassare i sintomi tipici gastrici e colpire soprattutto le vie aeree superiori manifestando bruciore alla gola, tosse frequente, voce rauca o affaticata o muco persistente nelle vie aeree superiori non secondario a infezioni.
Entrambe le situazioni hanno alcuni denominatori comuni: tensione addominale, alimentazione veloce con ingestione di aria, coricarsi subito dopo il pasto, pasti copiosi, una dieta sregolata ricca di cibi acidi (passata di pomodoro, agrumi) o molto grassi, abuso di caffè e cioccolata.
La terapia principale per le due condizioni è dunque dieta, cambiamento dello stile di vita e alcune regole comportamentali mirate a ridurre la sintomatologia. Qualora il quadro avesse complicazioni più durature vengono consigliati dal gastroenterologo farmaci antiacidi, inibitori della pompa protonica e procinetici solitamente per un breve periodo. Anche l’attività sportiva ha un ruolo importante per correggere l’eventuale sovrappeso e molto più per agire sulla peristalsi quindi sullo svuotamento gastrico e sulla parte di eccitabilità neurovagale che può essere associata
La sinergia tra medico di medicina generale, gastroenterologo e dietista unita ad una buona educazione al movimento è indubbiamente la strategia migliore per la cura e la remissione del problema. La prevenzione resta correggere il sovrappeso o obesita’ esistente oltre ad una dieta equilibrata e povera di alimenti “reflussogeni” qualora ci fosse una predisposizione o nel momento in cui compaiono i primi sintomi.
Anna Ferrari, dietista clinica
Reiki è benessere, inteso nel senso lato della parola. Guarisce l’anima, i pensieri, il corpo. È una dolce “droga” che non dà dipendenza perché rispetta l’individuo e ciascuno è libero di accoglierlo nella propria quotidianità se e quando vuole. È un metodo di riequilibrio naturale delle disarmonie interiori per cui, quando sentiamo che è il momento di “ricaricare le batterie”, concediamoci il regalo di un trattamento che rigenera, rinfranca, riconcilia con sé stessi e con il mondo.
Il Reiki, che affonda le sue radici nel buddismo, è un antico e semplice metodo di guarigione naturale tramite il tocco delle mani. Si tratta di una tecnica dolce e non invasiva, efficace nella terapia del dolore di qualunque tipo (operatorio, reumatico, vascolare, oncologico, etc.), nell’assistenza pre e post-operatoria, durante i trattamenti chemio e radioterapici, nel malato oncologico, negli stati di stress e nella depressione. Il Reiki viene classificato dal National Center for Complementary and Alternative Medicine (NCCAM, National Institute of Health) tra le terapie energetiche della “biofield medicine”. Esso si pone nell’ambito delle metodiche delle energie sottili e il suo campo d’azione non si limita al solo livello fisico, ma si estende anche a quelli emozionale, mentale e spirituale.
Reiki è energia universale che noi possiamo canalizzare, attraverso l’imposizione delle mani, solo dopo che siamo stati attivati da un Master Reiki. Il termine deriva dalle parole “Rei” e “Ki”. La prima significa energia dell’Universo, la seconda è l’energia personale. Quindi il termine Reiki racchiude entrambe: cioè l’energia universale passa attraverso di noi per giungere a chi decide di avvalersi del nostro aiuto. Tutto questo è valido anche per noi stessi.
È fondamentale capire la differenza tra il Reiki e la pranoterapia perché, sebbene le due tecniche si somiglino nelle modalità di dispensazione dell’energia, il pranoterapeuta utilizza la sua (anche potente) energia personale (appunto il Ki), mentre l’operatore Reiki utilizza l’energia universale, attingendola da una fonte inesauribile e sempre a disposizione.
Per chi decide di seguire la strada del Reiki dall’interno, esistono vari livelli di formazione. Ci sono tre livelli Operatore e due livelli Master. Io spiego sempre che con i tre livelli operatore si ricevono tutti gli strumenti per lavorare sulle persone. Cosa sono questi strumenti? In primo luogo avere un’energia più forte, in secondo luogo aver ricevuto dei simboli che rappresentano delle chiavi energetiche che si possono usare per implementare l’energia nei punti dove ce n’è maggior bisogno.
Da quanto premesso, distinguiamo dunque due modalità d’approccio a Reiki: essere attivati e non esserlo. Nel primo caso non c’è bisogno di queste mie spiegazioni perché s’impara tutto durante i corsi, nel secondo caso si è dei riceventi che si affidano alle mani di un operatore. In quest’ultima circostanza è da tenere presente che quanto più elevato è il grado di formazione dell’operatore, tanti più strumenti questi avrà per lavorare sulle persone.
Prima d'iniziare un trattamento, l’operatore si centra a Reiki portando le mani al cuore per qualche secondo e poi, quando sente che queste hanno ricevuto l’energia, egli è in grado di passarla al ricevente. Il modo classico di ricevere un trattamento è stando sdraiati su un lettino, mentre l’operatore Reiki si sofferma con le mani per alcuni minuti su varie zone del corpo, secondo un determinato protocollo – che può variare leggermente da scuola a scuola – ma che in tutti i casi mira a dare energia a tutta la figura. Si parte dalla testa e si arriva ai piedi, sia dalla parte anteriore che dalla parte posteriore. Rispetto a questa modalità standard, ci sono poi diverse varianti perché il Reiki è molto flessibile e quindi si può darlo anche su uno specifico organo, se è solo questo a soffrire di qualche disturbo. Tutto questo si concorda con l’operatore quando si predispone un piano d‘intervento.
Posso tranquillamente affermare che il Reiki è molto versatile e quindi può essere utilizzato per tante problematiche, non solo di natura fisica ma anche di natura emotiva, psicologica, relazionale, ecc. Il buon esito degli interventi dipende dal livello di formazione dell’operatore. Tuttavia va sottolineato che non c’è niente di “magico” in ciò che l’operatore fa sul cliente. Egli è solo un facilitatore che stimola le energie personali di quest’ultimo, stimolando il sano guaritore che c’è in ognuno di noi e sollecitando le nostre risorse personali.
L’uso di affiancare i trattamenti Reiki alle terapie mediche e chirurgiche da molti anni si è diffuso in tantissimi ospedali e centri di cura di tutto il mondo. In molti ospedali gli infermieri vengono attivati a Reiki affinché, già solo quando si prendono cura dei pazienti ospedalizzati, possano passare loro questa energia. Personalmente ho raccolto un vastissimo dossier di documentazione in tal senso: dai protocolli d’intervento alle ricerche pubblicate su siti governativi statunitensi. Ho inoltre formulato un progetto, che è rimasto solo un sogno nel cassetto, dopo aver visto i risultati su me stessa a seguito di un intervento chirurgico.
È solo casualmente che chi abbia riscoperto Reiki fosse un giapponese. Di per sé, la pratica dell’imposizione delle mani per guarire le malattie è una conoscenza condivisa da tutta l’umanità, che però si era persa nel tempo. Ma se il Reiki originario è stato canalizzato dal giapponese Mikao Usu, negli anni venti del secolo scorso, per contro il Karuna Reiki (una forma di energia ancora più forte) è stato canalizzato e diffuso, negli anni novanta, da un gruppo di Master nord - americani coordinati da William Rand. Ora abbiamo anche il nuovissimo Reiki delle Stelle®, canalizzato ed elaborato in Sardegna, dal 2017 al 2019, ad opera di un pool di Reiki Master che ho il privilegio di coordinare. Questo per essere sintetici, ma ci sono infinite varianti del Reiki altrettanto valide. Tutto ciò a riprova che Reiki è un’energia universale e non può essere considerato patrimonio esclusivo di una cultura piuttosto che di un’altra.
Ernestina Venditti, operatrice olistica
Il sistema immunitario è un insieme di organi e di cellule altamente specializzate con il compito di difendere l'organismo da agenti esterni, i quali possono causare infezioni. Si tratta di un complesso meccanismo che sa distinguere ciò che gli appartiene (self), da quello che non gli appartiene (non self).
Tutte le componenti di questo “istituto di vigilanza” si trovano sparse in diverse aree del corpo umano e comunicano tra di loro attraverso i vasi linfatici.
Quando il corpo attraversa un periodo d’indebolimento, invia segnali piuttosto chiari per farci capire che le difese immunitarie necessitano di un sostegno.
I sintomi più frequenti per capire che il sistema immunitario ha qualche problema sono:
Un ruolo estremamente importante è quello del microbiota intestinale, la popolazione batterica che colonizza tutto il nostro apparato digerente dalla bocca all’ano. L’importanza di questo microbiota è tale che le sue modificazioni vengono ritenute sempre più responsabili di tutta una serie di disturbi e patologie, dall’autismo alle malattie infiammatorie croniche, dal cancro alle sindromi da malassorbimento, per finire con il calo delle difese immunitarie e la conseguente facilità alle infezioni da ceppi batterici e virali patogeni.
I farmaci antimicrobici sono certamente una grande conquista della medicina, ma il loro impiego eccessivo, indiscriminato e a volte inappropriato non fa che alterare sempre di più la flora batterica intestinale. Pertanto questi farmaci andrebbero prescritti con maggiore prudenza e solo per il tempo necessario, tenendo presente quanto sia importante agire contemporaneamente per una ripresa delle energie vitali e delle difese immunitarie naturali del paziente, curando prima di tutto la sua alimentazione.
Ippocrate, padre della medicina, con la celebre frase “Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo” esprimeva il ruolo fondamentale del cibo nella prevenzione e cura di malattie. Il cibo può essere un utile alleato anche per aiutare al rafforzamento delle difese immunitarie.
La resistenza alle infezioni può essere migliorata fornendo all’organismo antiossidanti.
Gli antiossidanti sono molecole che aiutano a difendersi dall’attacco di agenti nocivi e dallo stato di stress ossidativo (processo che porta alla formazione di radicali liberi ovvero molecole dannose).
Essi, infatti, sono in grado di prevenire o riparare i danni prodotti dai radicali liberi.
Gli antiossidanti più potenti sono:
Ci sono poi anche altri micronutrienti utili a mantenere il sistema immunitario efficiente e pronto a reagire alle “aggressioni” esterne, ovvero:
Dal punto di vista bionutrizionale si potrà agire efficacemente sia per attenuare e risolvere le sindromi microbiche in atto, sia per migliorare le difese organiche. Alimenti dotati d’intrinseco potere antibatterico e virale sono numerose spezie come peperoncino, chiodi di garofano, cannella, curcuma, noce moscata, ecc. da sempre utilizzate per contrastare lo sviluppo dei germi negli alimenti e aggiunti alle preparazioni alimentari in caso di bisogno. Si cercherà di fare un largo uso di aglio e di cipolla, ma anche di cibi ricchi di vitamina C e acido citrico, consumando gli agrumi come frutta o sotto forma di spremuta. Altrettanto utili saranno fragole e frutti di bosco, ma soprattutto la melagrana, che la natura rende disponibile in autunno per stimolare il sistema immunitario e prevenire le sindromi influenzali nel periodo invernale.
Nella programmazione dei pasti in corso di patologie infettive in atto bisognerà prestare attenzione alle appetenze spontanee del paziente e proporre soluzioni semplici e moderate nella quantità, anche in considerazione del fatto che quando un organismo è impegnato nei processi di difesa non è nella condizione di sostenere anche processi digestivi e metabolici lunghi e laboriosi. Ne è prova il fatto che l’appetito di solito si riduce spontaneamente.
Si proporranno i carboidrati e le verdure nelle cotture che prevedano l’impiego dell’aglio o della cipolla, si cercherà di usare il peperoncino e le spezie citate precedentemente e si limiteranno le proteine della carne e del pesce.
Per evitare o ridurre il dosaggio e la durata delle terapie farmacologiche, si prescriveranno rimedi bionutrizionali come la tisana di limone e aglio, brodo di pollo, il vin brûlé, la mela caramellata o al forno, le patate bollite con aglio crudo, la tisana di chiodi di garofano e cannella o la cipolla con lo zucchero.
Evidenze scientifiche dimostrano che l’utilizzo di cereali integrali riduca il rischio di malattie cardiovascolari, di malattie coronariche, infezioni virali, infezioni batteriche, diabete, ipertensione.
Purtroppo questo patrimonio di cultura alimentare oggi è stato sostituito con quella che viene definita “dieta moderna occidentale” che invece porta a un grande consumo di alimenti conservati, carni rosse, carni conservate, oli non essenziali che non essendo saturi non sono affini con il nostro organismo e questo si è visto correlarsi con casi patologici come iperglicemia o infiammazioni rendendo il nostro sistema immunitario meno efficace e quindi indebolendolo contro patologie virali.
I cereali integrali sono: riso, orzo, avena, miglio, grano saraceno, amaranto, quinoa.
I cereali integrali contengono fitati che sono degli antinutrienti per cui è importante lavarli e tenerli in ammollo o cuocere con l’aggiunta di alga kombu.
I cereali oltre all’aspetto curativo sono anche alleati nelle terapie mediche, riducendone gli effetti collaterali.
L’avena in particolare per il suo effetto tonico è particolarmente consigliata nelle persone debilitate, ammalate, o nelle persone convalescenti. Può essere assunta anche la mattina a colazione: un buon porridge ci dà un senso di sazietà e dà una carica di energia che dura tutta la giornata, ma anche gli altri cereali come una crema di miglio e di riso con della frutta fresca.
I legumi sono una valida alternativa alle proteine animali. Per completare l’assetto amminoacidico totale è corretto associarli con i cerali. Si è visto che questa associazione riduce l’infiammazione.
Oltre alle vitamine, nei legumi troviamo anche delle fibre che hanno un effetto molto importante anche se non sono digeribili. Non hanno infatti una vera e propria azione nutriente, ma vanno migliorando il funzionamento, il movimento intestinale e danno una mano nel controllo della glicemia e del colesterolo nel sangue contribuendo inoltre all’equilibrio della flora batterica intestinale.
Bisogna sottolineare l’importanza che la fibra ricopre per il nostro intestino e se il nostro intestino sta bene si ripercuote sul buon funzionamento del sistema immunitario.
Ci sono però degli intestini che non sono capaci di digerire i legumi direttamente, ma hanno un intestino che va rieducato. Per fare questa cosa possiamo iniziare con delle lenticchie decorticate che non hanno bisogno di essere messe in ammollo e possono essere di aiuto. Ci possono anche essere delle difficoltà di assorbimento per cui si consiglia di cuocerle un po’ di più e magari di frullarle per riuscire a digerirle ancora meglio ed assorbire il ferro e tutti i nutrienti contenuti all’interno.
Importanti per una sana alimentazione che contribuisce a rafforzare il sistema immunitario sono la frutta e la verdura.
Studi hanno dimostrato come l’assunzione di frutta e verdura sia associato alla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, di cancro e di morte prematura.
E’ importante variare e utilizzare verdure di stagione. Non tutte le verdure vanno cotte e non tutte vanno consumate crude. Ѐ consigliato variare il più possibile.
Le verdure verdi vanno sbollentate. Questo metodo permette di conservare al meglio le vitamine termolabili come la vit. B9 (ac. folico) importantissimo per una serie di azioni del nostro S.I. e della clorofilla che si è vista come implicata per la depurazione del nostro corpo poiché elimina le tossine ed inoltre va a migliorare anche la produzione di globuli rossi.
Anche la cipolla è importante per il rafforzamento del S.I. La cipolla rossa è molto ricca di quercetina che è un potentissimo antiossidante che sembra dia un notevole aiuto per quanto riguarda soprattutto le infezioni virali, ma soprattutto contiene anche lo zolfo che ci aiuta nella produzione del glucatione che è un nostro importantissimo elemento per il rafforzamento del S.I.
Importante è mangiare frutta di stagione, soprattutto gli agrumi.
Da non dimenticare anche il ruolo della frutta secca ed oleosa.
Alcuni studi hanno dimostrato che una maggiore assunzione di noci è associata ad una riduzione di malattie cardiovascolari, di cancro e di mortalità totale, ma anche la riduzione di malattie infettive e di malattie respiratorie. La frutta secca contiene acidi grassi essenziali, vitamina D, magnesio. Utilizzare la frutta secca come snack può essere un sistema per rafforzare il nostro S.I.
Rosalba Amico, biologa nutrizionista
L’educatrice mestruale è una professionista specializzata, non sanitaria, in salute e ciclicità femminile.
È una figura di riferimento che richiama le sagge donne di altri tempi che conoscevano bene il significato e il potere del ciclo mestruale e di quanto fosse uno strumento di conoscenza interiore e non solo.
L’EM si rende disponibile ad insegnare alle donne, ma anche agli uomini, cosa sia e come funziona il ciclo mestruale.
Il ruolo di educatrice ha come obiettivo quello di accompagnare la donna a rendersi consapevole del proprio movimento e avere una comprensione introspettiva del significato di ciclicità che può essere diverso per ognuna.
Il percorso femminile vuole promuovere una conoscenza di se stesse entrando in comunicazione con il proprio sentire e tradurlo non secondo le idee preconcette dettate dai dogmi, dai tabù e dai pregiudizi, ma con il proprio Essere autentico.
La sintomatologia può essere un punto di partenza sia dal punto di vista fisico come un’irregolarità, dolore o una patologia concreta, sia da un punto di vista emotivo che riguarda il come si vive il ciclo e quali emozioni emergono, nonchè da un punto di vista mentale legato ai pregiudizi che condizionano il vivere pienamente la ciclicità. Da qui si sviluppa un percorso per ritrovare il proprio benessere.
La cosiddetta Sindrome Premestruale o la Menopausa sono stati d’essere che se non riconosciuti e vissuti nel loro vero significato portano a dei sintomi che creano un vero e proprio disagio.
Gonfiore addominale
Ritenzione idrica
Gambe gonfie e pesanti
Mal di testa o emicrania mestruale
Problemi intestinali: come gonfiore, stitichezza o diarrea
Irregolarità mestruali: cicli più lunghi o più brevi del normale, assenza di mestruazioni per almeno tre mesi
Flussi abbondanti o prolungati: sanguinamenti eccessivi o mestruazioni che durano più di sette giorni
Dolori mestruali intensi: crampi severi che interferiscono con le attività quotidiane
Dolore ovulatorio: dolore addominale a metà ciclo, durante l’ovulazione
Affaticamento cronico: sensazione continua di stanchezza, anche dopo un riposo adeguato
Sbalzi d’umore e depressione: alterazioni dell’umore, ansia o depressione
Tutto questa sintomatologia è legata a delle cause spesso inconsce che interferiscono sull’equilibrio di un ciclo mestruale regolare
Il ciclo mestruale è un veicolo per una riconnessione spirituale, riscoprendo la propria divinità e riprendendo contatto con la dimensione sacra.
L’EM offre supporto e aiuto in tutte le forme di disagio del femminile, facilita a riscoprire la propria natura ciclica e conduce dentro, attraverso un viaggio, nel vissuto profondo di ogni donna.
Il ciclo mestruale è un’opportunità per conoscere cosa il nostro corpo ci vuole comunicare che grazie al sostegno, all’ascolto e alla guida dell’educatrice mestruale, si può arrivare alle vere cause del proprio malessere.
Simbolicamente il ventre femminile rappresenta un contenitore, con dei limiti e spesso un vuoto da colmare e una meta importante è quella di riconoscere e ricreare il proprio “spazio sacro”, imparando ad accogliere, a trasformare i limiti in confini da rispettare e a conquistare la facoltà di poterlo autogestire.
Il fondamentale insegnamento del ciclo mestruale è quello di entrare in risonanza con l’arte del cambiamento. L’alternarsi delle 4 fasi è di grande importanza per imparare a lasciar andare, lasciar andare gli “attaccamenti” per abbandonarsi al fluire del cambiamento, principio fondamentale della salute.
Ogni donna ha un proprio movimento energetico, non esiste un movimento sbagliato ma quello che ogni donna esprime. Conoscere il proprio linguaggio attraverso il ciclo mestruale è ciò che porta all’autenticità, all’equilibrio e all’amore per se stesse.
Le consulenze sul femminile non vanno in conflitto con i percorsi medici ma sono complementari, aggiungono valore e portano una diversa prospettiva per una visione più ampia. Il significato delle 4 fasi, il menarca, la menopausa e i riti di passaggio sono tematiche che si affrontano nell’educazione mestruale.
Veronica Bodano, naturopata
Ogni donna, tra i 45 e i 55 anni di età è destinata ad affrontare un periodo molto delicato: la menopausa, cioè la fine della propria capacità riproduttiva.
Questa transizione viene affrontata e vissuta da ciascuna donna in modo differente, ma generalmente si nota una maggiore vulnerabilità psico-emotiva e fisica.
Il crollo dei livelli di estrogeni può portare ad alterazioni per quanto riguarda il metabolismo delle ossa, dei lipidi e degli zuccheri e questo comporta un maggior rischio di osteoporosi, diabete, sindrome metabolica, sovrappeso e obesità e un maggior rischio di malattie cardiovascolari.
È importante arrivare “preparate” a questa fase di transizione apportando in modo preventivo significativi cambiamenti nel proprio stile di vita, tra cui l’alimentazione, che aiuta a ridurre notevolmente il rischio di tutto ciò.
Le manifestazioni tipiche della menopausa possono prevedere:
Trovare un equilibrio con il proprio stile di vita e la propria alimentazione è sicuramente necessario per arrivare preparate.
Ecco alcuni consigli:
Qualcuno pensa che essere arrabbiati significa essere un soggetto aggressivo, ma non è proprio così: la rabbia fa parte della moltitudine di emozioni che popola la pancia di ogni essere umano e in quanto tale costituisce un fatto fisiologico, in parole povere un fatto normale.
La rabbia è però una di quelle emozioni che vengono considerate nella morale comune negative, dunque se ne scoraggia spesso l’espressione nella società; quando ci si sente arrabbiati si tende quindi a evitare l’espressione, per paura di giudizi sociali o per paura che la rabbia possa dare origine a comportamenti spiacevoli o sconvenienti.
In realtà è proprio trattenendo la rabbia e negandola (far finta che non ci sia) che potenzialmente peggioriamo la situazione. É come se soffocassimo una parte vitale di noi stessi in un piccolo angolo e la comprimessimo: essa può diventare esplosiva!
Ed ecco che entra in scena l’aggressività, che rappresenta tutta un’altra storia rispetto alla rabbia in sé. Questa è un insieme di comportamenti che tendono, con forza, a togliere di mezzo l’ostacolo per il quale appunto ci siamo arrabbiati; tali comportamenti sono, infatti, comportamenti di forza, di intensità, di veemenza e per questo motivo possono risultare distruttivi.
L’obiettivo più adattativo è in realtà quello di far cantare in modo armonico tutte le emozioni che sentiamo, riconoscendole e prendendone atto, tra cui anche la rabbia. Essa merita, come tutti gli altri stati d'animo, di essere guardata e accettata, nonché espressa e tale espressione gioca un ruolo fondamentale nell’evitare di cadere nei comportamenti aggressivi che socialmente possono provocare danni.
Lucia Moglie, psicologa e psicoterapeuta
La chirurgia bariatrica comprende tutti quegli interventi chirurgici mirati alla riduzione del peso in chi soffre di obesità e alla cura delle malattie a essa associate.
La chirurgia bariatrica procura in media un calo ponderale del 70% dei chili in eccesso, ma il calo può variare in relazione all’età, alla statura, al genere e alla storia clinica del paziente.
Gli interventi bariatrici validati a livello internazionale sono quattro:
La sleeve gastrectomy comporta una resezione verticale di una parte significativa dello stomaco. Riduce il senso di fame e aumenta la sensazione di sazietà: le persone operate perdono peso perché mangiano poco, ma lo fanno spontaneamente, senza fatica. Nel lungo termine è una procedura molto ben tollerata.
Il bypass gastrico è un intervento praticato da ormai più di 50 anni. Si perde peso anche in questo caso per ridotta fame e aumentata sazietà, è associata però anche una componente di ridotto assorbimento intestinale. Il bypass gastrico trova particolare indicazione in caso di diabete tipo 2 in stadio avanzato e in caso di severo reflusso gastroesofageo.
Per quanto riguarda gli interventi ormai meno comuni, il bendaggio gastrico comporta la collocazione di un anello di silicone intorno alla parte alta dello stomaco. È un intervento a rischio minore, ma la sua poca efficacia, insieme all’alta percentuale di secondi interventi (per fallimento o per effetti collaterali) lo fanno apprezzare poco sia dai pazienti che dai chirurghi.
La diversione biliopancreatica, per contro, è un intervento particolarmente efficace ma altresì complesso e presenta un alto rischio di effetti collaterali. Per questo, nonostante venga praticato dal 1976, si riserva solamente a casi molto particolari, valutati attentamente dallo specialista.
Ma cosa si mangia dopo un intervento bariatrico? Di fondamentale importanza è insegnare al paziente come scegliere il cibo e quale consistenza deve avere. Le linee guida raccomandano un passaggio graduale da cibi liquidi a quelli frullati e infine a quelli solidi.
In particolare, si consiglia per i primi giorni dopo l’intervento una dieta liquida: acqua, thè deteinato, camomilla, caffè d’orzo.
Poi si potranno introdurre omogeneizzati di carne e pesce, pastina micron, frullati di frutta, centrifugati con verdure, yogurt magro senza pezzi di frutta, biscotti secchi sciolti, latte scremato e integratori dietetici. Questa dieta semiliquida dovrà essere seguita per circa un mese.
Si consiglia di non bere durante i pasti e nell’ora successiva per non riempire rapidamente la tasca gastrica.
La dieta semisolida dovrà essere introdotta sempre per gradi: fette biscottate, spremute, pasta di piccole dimensioni, riso, olio per condire, uova, affettati magri tagliati fini, pesce lesso, legumi.
Progressivamente si potranno introdurre cibi più solidi come frutta, pane, crackers. La raccomandazione è quella di tagliare il cibo in pezzi piccoli e masticare attentamente.
In queste fasi post-intervento si consiglia di ingerire cibi e bevande sempre a temperatura tiepida per non infiammare lo stomaco.
Evitare bibite gassate, alcolici e bevande zuccherate. Evitare i cibi difficilmente digeribili e prediligere un metodo di cottura più leggero. Ciascun pasto dovrebbe durare circa 20-30 minuti per cui bisogna mangiare lentamente. I pasti giornalieri potranno essere da 5 a 8 per non lasciare lo stomaco vuoto a lungo.
Chiedere sempre prima al medico o al proprio nutrizionista specializzato per avere la certezza di poter consumare alcuni cibi.
Inoltre, Insieme al proprio nutrizionista si potrà poi stabilire un piano alimentare individuale che comprende generalmente 30% lipidi, 45% carboidrati, 25% proteine.
Maria Giovanna Di Vita, biologa nutrizionista
La riflessologia plantare è una pratica che affonda le sue radici in diverse culture antichissime, dall'Egitto all'antica Cina. Nel corso dei secoli, si è trasformata in una tecnica olistica praticata in tutto il mondo e diventa sempre più popolare come approccio naturale al benessere.
Ma cos'ha di speciale la riflessologia? Aiuta a ripristinare l'equilibrio e l'armonia non solo del corpo, ma anche della mente.
La riflessologia plantare consiste nello stimolare i punti di pressione sui piedi (con un'intensità leggermente maggiore rispetto a un normale massaggio): premendo e stimolando questi punti precisi, l'operatore mira a riattivare la naturale capacità di equilibrio del corpo.
Facendo riferimento alla mappa della riflessologia plantare, si può notare, ad esempio, che la parte superiore del piede rappresenta la testa e il collo, mentre la parte centrale del piede è associata agli organi interni, cioè all'addome.
Grazie a questa mappa di riferimento, è possibile intervenire sui diversi sistemi corporei e ottimizzarne il funzionamento.
Benefici della riflessologia
I sostenitori della riflessologia testimoniano i seguenti benefici:
La riflessologia plantare, pur essendo un approccio naturale, è sempre stata oggetto di dibattito scientifico e continua a suscitare particolare interesse.
Sebbene molti pazienti riportino esperienze positive, la comunità scientifica è divisa sull'efficacia di questa tecnica. Alcuni studi sostengono che l'effetto placebo o il semplice rilassamento derivante dal massaggio porti a un effetto positivo percepito.
Tuttavia, altri studi hanno dimostrato che la stimolazione di aree specifiche del piede ha effetti reali sul sistema nervoso.
Nonostante le diverse scuole di pensiero, la riflessologia plantare è ampiamente utilizzata come complemento alle cure mediche convenzionali per la sua efficacia nel migliorare le condizioni generali di salute.
Cosa aspettarsi da una seduta di riflessologia plantare.
Il trattamento inizia con un colloquio conoscitivo preliminare. Il riflessologo applica poi una pressione mirata sui punti riflessi, regolando l'intensità del tocco in base alle esigenze del cliente. I trattamenti durano solitamente tra i 30 e i 45 minuti e alla fine dell'appuntamento il cliente può sentirsi più leggero, rilassato e ristabilito energeticamente.
Conclusioni
In un mondo sempre più frenetico, la riflessologia si rivela una valida opzione per tutti coloro che desiderano ritrovare l'equilibrio interiore attraverso un approccio naturale alla salute fisica e mentale.
La riflessologia è un'occasione preziosa per riscoprire l'importanza del contatto umano, del prendersi cura di sé e del dedicare tempo a se stessi. Pur non sostituendo le terapie tradizionali, la riflessologia può fornire un valido supporto per migliorare la qualità della vita. In fondo, la salute inizia dai piedi!
Valentina Petti, operatrice olistica
L'anoressia e la bulimia (note anche come anoressia e bulimia nervosa) sono disturbi alimentari complessi che non solo influenzano il comportamento alimentare, ma coinvolgono anche aspetti psicologici, emotivi e fisici. Queste condizioni richiedono un approccio terapeutico integrato, che comprenda la gestione nutrizionale, psicologica e medica. In questo contesto, la nutrizione svolge un ruolo fondamentale, ma è necessario che venga gestita in modo coordinato con altri professionisti, come psicologi o psichiatri e medici.
L'anoressia è un disturbo alimentare caratterizzato da una restrizione estrema dell'assunzione di cibo, un'intensa paura di aumentare di peso accompagnate da una distorsione dell'immagine corporea. Le persone con anoressia spesso si vedono in sovrappeso, nonostante siano sottopeso. Questo comportamento alimentare auto-inflitto può portare a gravi carenze nutrizionali e danni fisici, tra cui osteoporosi, disfunzioni cardiovascolari e disidratazione.
La bulimia è caratterizzata da episodi ricorrenti di abbuffate (assunzione di grandi quantità di cibo in un breve periodo), seguiti da comportamenti compensatori, come il vomito autoindotto, l'uso eccessivo di lassativi o l'esercizio fisico estremo. A differenza dell'anoressia, le persone con bulimia, generalmente mantengono un peso corporeo che può essere normale o leggermente al di sopra della media. Tuttavia, il ciclo di abbuffate e seguenti restrizioni danneggia gravemente la salute fisica e mentale.
Nel caso dell'anoressia, il principale problema nutrizionale è la carente assunzione di calorie e la mancanza di nutrienti essenziali (proteine, vitamine, minerali, grassi sani). La denutrizione cronica può compromettere gravemente la funzione dei vari organi e sistemi del corpo, inclusi il cuore, i reni, le ossa e il sistema immunitario.
In questo caso, l’obiettivo principale del trattamento nutrizionale è ripristinare un peso corporeo che sia nella norma per l'età, il sesso e l'altezza del paziente. Ciò deve essere fatto gradualmente, per evitare complicazioni mediche.
La dieta deve essere completa e varia, includendo tutti i macro e micronutrienti. La reintroduzione del cibo deve avvenire con cautela per evitare il rischio di sindrome da refeeding, una condizione pericolosa associata all'equilibrio elettrolitico.
È inoltre necessario un controllo frequente per monitorare l’equilibrio nutrizionale e lo stato di salute generale.
Nel caso della bulimia, sebbene i pazienti possano avere una dieta di base che sembra equilibrata, l'uso di comportamenti compensatori come il vomito, l'uso di lassativi e l'esercizio fisico eccessivo interferiscono con l'assimilazione dei nutrienti e possono portare a carenze.
Inoltre, l'abbuffata stessa può portare a un eccesso di calorie, ma spesso non si traduce in un aumento di peso stabile a causa dei comportamenti compensatori.
In questo caso, il trattamento nutrizionale mira a promuovere abitudini alimentari regolari, senza episodi di abbuffate o restrizioni. È essenziale che i pasti siano distribuiti in modo equilibrato durante la giornata.
L’aspetto più importante sta nell’insegnare al paziente a riconoscere i segnali di fame e sazietà e promuovere una relazione sana con il cibo. L’ascolto nei confronti del paziente sarà quindi fondamentale.
Come sottolineato all’inizio, un trattamento efficace dell'anoressia e della bulimia richiede un approccio integrato, che coinvolga diversi professionisti della salute. La nutrizione gioca un ruolo chiave nel recupero da questi disturbi, ma è fondamentale che il trattamento non si limiti solo alla componente nutrizionale. Il recupero implica la normalizzazione del comportamento alimentare e la ristabilizzazione dell'equilibrio psicologico del paziente. Un approccio nutrizionale mirato aiuterà non solo a recuperare un peso sano, ma anche a prevenire le ricadute, sostenendo i pazienti a sviluppare una relazione equilibrata e sana con il cibo.
Solo un lavoro coordinato tra nutrizionisti, psicologi, psichiatri e medici può portare a una guarigione duratura, migliorando la qualità della vita dei pazienti e prevenendo complicazioni gravi.
Marta Bertolo, biologa nutrizionista